Se non fermiamo le trivelle, il mare finirà nelle mani dei petrolieri.
Sì, perché puntare tutto sulle poche gocce di petrolio presenti sotto i nostri fondali vuol dire condannare il Paese alla dipendenza energetica dalle fonti fossili e dall’import, danneggiare il turismo, la pesca e le economie costiere, penalizzare le fonti rinnovabili. Affidarsi ai petrolieri vuol dire non far crescere l’occupazione, tenere le casse pubbliche a secco, smentire gli impegni che l’Italia ha preso dinanzi al mondo intero per la salvaguardia del clima. È un fallimento certo.
Sosteniamo da anni che trivellare i nostri fondali in cerca di petrolio è una pazzia che conviene solo a pochissimi, e in nessun modo alla comunità: il governo sta svendendo la bellezza del nostro Paese e i suoi mari per pochi spiccioli, perché le nostre royalties sono tra le più basse al mondo.
Per spiegare l’inutilità e il danno delle trivelle abbiamo solcato i nostri mari, da Genova a Trieste; abbiamo manifestato al fianco delle popolazioni locali contro i progetti che minaccia[va]no i loro litorali; abbiamo incontrato cittadini, amministratori, movimenti. Abbiamo occupato per giorni una piattaforma petrolifera e protestato persino dentro al Parlamento, mentre si votava lo Sblocca Italia.
Renzi, e quanti prima di lui hanno curato gli interessi dei petrolieri, non hanno ascoltato la nostra protesta. Solo la minaccia del referendum li ha fatti retrocedere su alcuni punti del loro piano “fossile”. Nel frattempo, il movimento contro le trivelle è cresciuto e oggi sfida la politica del governo.
Nove regioni hanno promosso un referendum per chiedere agli italiani da che parte stanno: con il mare, con le energie pulite, con la bellezza e l’integrità delle nostre coste e delle nostre acque, o con le lobby fossili. Dare una risposta chiara ora spetta a tutti noi.
Il governo sta tentando di scongiurare l’espressione del voto popolare con tutti i mezzi, arrivando a sprecare centinaia di milioni (che si sarebbero risparmiati con un Election Day) solo per scegliere la data di voto che più di ogni altra mette a rischio il quorum e comprime i tempi del confronto e dell’informazione.
È tempo di scegliere. Se non lo facciamo noi lo faranno i petrolieri.
L’ITALIA NON SI TRIVELLA. Dillo forte e chiaro il 17 aprile: VOTA SÌ.
Fonte: greenpeace.org