Cambiamento importante per custodire l’acqua come fonte di vita e per celebrare la giornata mondiale dell’acqua: 22 marzo
L’acqua del sindaco Il 74 per cento degli italiani sceglie il rubinetto di casa: crisi e fiducia dietro la crescita
Uno degli oltre 2.000 chioschi disseminati in Italia che distribuiscono l’acqua del sindaco
Gli italiani stanno riscoprendo l’acqua del rubinetto. Per comodità, per il gusto e per il minore costo. Secondo una ricerca realizzata da Open Mind Research, in occasione della Giornata mondiale dell’acqua (22 marzo), il 73,7 per cento della popolazione, nel corso del 2017, ha scelto l’acqua del sindaco e il 44 per cento la utilizza ormai in modo abituale. Sono percentuali che segnano un incremento di circa 10 punti in più rispetto ad appena quattro anni fa. «Siamo in presenza di un cambiamento epocale. Partivamo da zero, con gli italiani prigionieri dell’acqua minerale, e adesso ci ritroviamo con un popolo che ha modificato un suo stile di vita» commenta Lauro Prati, presidente di Acqua Italia, l’associazione delle imprese che realizzano gli impianti per il trattamento degli impianti.
E proprio gli impianti, ovvero i chioschi dell’acqua, rappresentano una delle leve del cambio di paradigma. Nel 2010 erano appena 200 in tutta Italia, adesso siamo a quota 2.021, con il 60 per cento degli impianti concentrati nelle regioni settentrionali. Come funzionano i chioschi? L’offerta ormai è molto ampia, e il cittadino può ritirare acqua naturale o gassata, refrigerata oppure a temperatura ambiente. Il costo medio è di 0,05 euro al litro, con una forchetta tra 0,03 e 0,08 euro, e diverse amministrazioni hanno scelto la strada più vantaggiosa per i residenti: acqua gratis. Con il vantaggio, per i sindaci, di una significativa riduzione dei costi per le bottigliette da raccogliere e da smaltire.
Attorno ai chioschi dell’acqua, ormai conosciuti dal 67 per cento degli italiani, si è rafforzata un’industria di filiera del made in Italy, e per la prima volta l’anno scorso sono arrivate richieste di forniture dall’estero, in particolare dalla Francia e dalla Gran Bretagna, per questo tipo di impianti. «Siamo riconosciuti come un settore all’avanguardia per innovazione e per design in Europa, e questa è un’opportunità per l’economia nazionale» dice Prati.
Ma più degli impianti, sul cambiamento nella fornitura di acqua ha pesato un altro elemento: la sicurezza, ovvero l’eclissi del pregiudizio in base al quale l’acqua del sindaco è più a rischio di contaminazioni chimiche di quella minerale. Tra i consumatori abituali, solo il 14 per cento avanza ancora qualche dubbio, mentre la stragrande maggioranza degli italiani si è convinta che i controlli dell’acqua pubblica siano anche più frequenti di quelli sull’acqua confezionata. Infine, non bisogna sottovalutare l’effetto Grande Crisi. La riduzione della spesa è uno degli indicatori più significativi della neo-sobrietà degli italiani, capaci di modificare, con spirito di adattamento, le più tradizionali abitudini alimentari. Anche in questo caso si parte da un singolare primato: un Paese molto ricco di fonti naturali si ritrova al terzo posto nella classifica mondiale dei consumi di acqua minerale, dopo l’Arabia Saudita, di fatto priva di sorgenti, e il Messico, che sconta enormi problemi di inquinamento.
Resta l’ultimo ostacolo da superare per rendere l’acqua del rubinetto il prodotto finale di un sistema efficace: l’enorme dispersione che avviene all’interno della rete idrica, ormai ridotta a un colabrodo. Secondo i dati dell’Istat, la percentuale media di acqua che non arriva ai rubinetti, e quindi neanche ai chioschi, è del 35,4 per cento, con punte che superano il 70 per in diversi comuni del Mezzogiorno. Uno spreco scandaloso che certo gli italiani, diventati consumatori affezionati dell’acqua del rubinetto, gradiscono sempre meno.
(fonte: il quotidiano la Stampa Pubblicato il 16/03/2018 – Antonio Galdo)